SALUTI E RINGRAZIAMENTI
Saluto e ringrazio per la loro presenza il Vicepresidente Nazionale per il settore Adulti Giuseppe Notarstefano, i rappresentanti della delegazione regionale.
Gli ex presidenti che in questo triennio mi sono stati accanto, sempre pronti a condividere il cammino.
I consiglieri e con loro le equipe, la segreteria e i presidenti parrocchiali, con cui abbiamo condiviso questi tre anni che hanno avuto il culmine nel festeggiamento per i 150 anni dell’Azione Cattolica. Iniziato con l’incontro con Papa Francesco a Roma in Piazza San Pietro e proseguito in Diocesi.
Grazie alla presidenza. Lunedì abbiamo fatto un momento di revisione e tutti quanti siamo partiti dagli aspetti positivi. Questo a dimostrazione del bel clima fraterno che si è creato tra noi.
Un grazie in particolare ad Alberto, che conclude il suo servizio in centro diocesano, per l’amicizia e per il generoso impegno. Grazie a Gian Mauro sempre pronto a dire il suo si all’associazione e alla Chiesa. Grazie a Eleonora, a Lorenzo, a Marco, a Matteo, a Claudio e a Sara e Irene a cui mando un abbraccio!
Grazie agli assistenti: a don Francesco e a don Alvise, ma in particolare a don Marco con cui ho condiviso questo servizio unitario. Grazie per la serenità e la comunione con cui abbiamo camminato insieme, coi nostri limiti, in questi tre anni. Grazie per avermi aiutato a rispettare prima del servizio di presidente diocesano i miei doveri di marito, padre e lavoratore. La speranza è di essere stati insieme strumenti della Provvidenza, come direbbe il Servo di Dio don Nicolò Daste «Dio, per dare agli uomini, si serve degli uomini; ma è Lui che dona, e i doni che elargisce sono suoi».
Grazie a tutti voi delegati.
Grazie alla mia famiglia, mia moglie Chiara e i miei figli Nicolò, Tommaso e Lucia (splendida novità di questo triennio) che in questi tre anni mi hanno sostenuto e sopportato nel servizio.
LE COSE BELLE
Mi piace partire proprio dalle cose belle. Dai segni della presenza benevola di Dio in mezzo a noi. Dai Suoi doni. In questi mesi abbiamo vissuto le assemblee parrocchiali che sono state una vera boccata d’ossigeno, perché incontrarci e stringerci la mano avvicina, apre il cuore, tanto più se questo avviene nel nome del Signore. È stato un riscoprire la bellezza del conoscerci, del condividere le fatiche e le gioie, del pregare insieme, del riconoscerci parte dello stesso corpo che è la Chiesa in Genova.
Che bello essere uniti! Che bello testimoniarlo!
Abbiamo festeggiato i 150 anni pregando per le strade di Genova e riempiendo la Cattedrale in due occasioni: la Veglia dell’Adesione e la S. Messa in cui abbiamo rinnovato dopo 60 anni, come associazione e personalmente, la consacrazione al Sacro Cuore di Gesù.
Quindi con la mostra “Una storia di Persone”, prima al Museo Diocesano e poi in alcune parrocchie e ora qui, abbiamo scoperto la storia di uomini e donne di AC testimoni di fede, di impegno nella Chiesa e nella società.
La festa continua con l’adesione nuova o il ritorno di alcune parrocchie!
LE FATICHE
Ci sono state anche delle fatiche in questi tre anni. Penso ad esempio alle difficoltà iniziali, ai primi mesi.
Sia come Centro Diocesano che come associazioni territoriali abbiamo sperimentato la difficoltà nel riuscire a coinvolgere le persone e in alcuni casi i pochi aderenti, soprattutto in parrocchia, sono stati tentati a demoralizzarsi. Ma siamo confortati e spinti dalle parole che il Santo Padre ci ha rivolto all’inizio di questo triennio: “In questi centocinquanta anni l’Azione Cattolica è sempre stata caratterizzata da un amore grande per Gesù e per la Chiesa. Anche oggi siete chiamati a proseguire la vostra peculiare vocazione mettendovi a servizio delle diocesi, attorno ai Vescovi – sempre –, là dove la Chiesa abita in mezzo alle persone – sempre. Tutto il Popolo di Dio gode i frutti di questa vostra dedizione, vissuta in armonia tra Chiesa universale e Chiesa particolare. È nella vocazione tipicamente laicale a una santità vissuta nel quotidiano che potete trovare la forza e il coraggio per vivere la fede rimanendo lì dove siete, facendo dell’accoglienza e del dialogo lo stile con cui farvi prossimi gli uni agli altri, sperimentando la bellezza di una responsabilità condivisa”.
Purtroppo in alcuni casi le difficoltà, di vario genere, hanno comportato la chiusura di associazioni parrocchiali.
L’ERRORE
Certamente abbiamo commessi anche degli errori. I festeggiamenti per il 150° hanno limitato la programmazione e ci siamo ritrovati all’inseguimento delle scadenze con tutto quello che comporta: meno coinvolgimento del Consiglio, meno linee guida, meno attenzione ai contenuti proposti dal documento assembleare. Avremmo voluto girare maggiormente il territorio, cosa che è avvenuta di fatto più che altro nell’ultimo anno.
L’errore però può essere una nuova opportunità. Se viene riconosciuto e accettato da chi lo commette e dalla comunità e ci si impegna per migliorarsi. Vi racconto un episodio vissuto in famiglia.
Una bella giornata d’autunno, un sabato pomeriggio, abbiamo deciso di andare in campagna. Partiamo e quando siamo in autostrada mi rendo conto di non aver preso le chiavi della casa. Ecco l’errore!
Ovviamente inizio ad arrampicarmi sugli specchi, a cercare scuse. Poi arrabbiato penso: mi sa che ce ne torniamo a casa. Mia moglie Chiara, che è una santa, invece di accusarmi e “insultarmi” (me lo sarei meritato) suggerisce di proseguire e di comprare qualcosa di pronto per cena da mangiare all’aperto. A quel punto anche io mi accodo… in fondo se i bimbi devono fare la pipì ci sono sempre gli alberi!
Proseguiamo. Passiamo il pomeriggio all’aperto. Poi inizia a calare il sole e a fare freschetto. Allora propongo di andare a mangiare la cena al sacco dove c’è ancora il sole. Così con la macchina ci spostiamo poco più in alto, in un punto panoramico dove ci ritroviamo noi 5 soli a goderci l’ultimo sole caldo. Un tramonto spettacolare! Se avessimo avuto le chiavi di casa non avremmo mai puntuto godere di quel bellissimo momento. Di quella che per me è stata la più bella serata di questo autunno.
La famiglia è un chiesa domestica e può essere un esempio su come vivere in comunità, in parrocchia, in diocesi. Essere disponibili ad andare incontro all’altro e cercare l’unità e la comunione con lui. Senza puntare il dito e accusare. Senza voler sopraffarlo. Questo vale tra laici e sacerdoti, tra Acr e adulti, tra adulti e giovani.
IL CAMMINO INSIEME
Torniamo a noi.
Forse sono troppe le riunioni interne ed esterne all’AC e noi siamo di meno. Rischiamo di vivere il nostro essere cristiani in modo burocratico, appesantito dagli eventi da smarcare sul calendario.
Ripensiamo quindi alla nostra associazione, partendo dall’identità dell’AC, e come singoli aderenti, continuiamo a interrogarci su quale segno vogliamo essere per il mondo e come viviamo il nostro essere Chiesa.
Queste due domande, che concludono il percorso della mostra per il 150°, trovano risposta nel discorso di fine anno pronunciato durante il canto del Te Deum dal nostro Arcivescovo Angelo Bagnasco: “La Chiesa, con le sue Parrocchie e le diverse comunità cristiane, è vicina a tutti, si fa compagna di strada come Gesù sulla via di Emmaus: si affianca, ascolta, chiede, dice una parola che non è sua ma di Cristo, celebra i sacramenti della salvezza.[…] Oh, se guardassimo di più il cielo, come potremmo vedere meglio la terra, abbracciarla e servirla!”.
Dunque alziamo lo sguardo al cielo senza timore, con la certezza di non essere soli e impegnandoci ad essere dei buoni cristiani!
Come? Preghiera, formazione, sacrificio, apostolato. I nostri 4 pilastri. Ora è il momento dell’apostolato diceva Papa Francesco a Roma nel 2017. Ma deve essere sorretto dagli altri tre!
Dunque non fermiamoci alle belle riunioni, non chiudiamoci nelle nostre sale. Mettiamoci in discussione e proviamo ad affiancare i pastori che il Signore ci dona (con i loro pregi e i loro difetti). Noi di AC dobbiamo avere questa attenzione! Verso il Papa, il Vescovo, il parroco e l’assistente che ci manda la Provvidenza.
Per avvicinare coloro con cui condividiamo il territorio. Diventiamo compagni di strada, cerchiamo di incontrare gli altri con uno stile del Vangelo, a partire dai gesti.
Come dice il nostro presidente nazionale Matteo Truffelli dobbiamo “avere lo sguardo di chi non si pone come estraneo alla realtà”, ma di chi sa esserne parte. E con senso critico ne scorge le difficoltà e le risorse, cercando di realizzare il bene comune possibile.
Significativa in questa direzione l’esperienza della comunità di Certosa quando è crollato il ponte.
TESTIMONI DELLA VITA
A proposito di gesti. Che bello incontrare un prete felice di essere prete. Che bello incontrare un papà o una mamma felici di essere papà e mamma. Che bello incontrare un’insegnante felice di essere insegnante. Che bello incontrare un educatore felice di essere educatore.
Testimoniamo la gioia dell’incontro con Gesù! È vero c’è la dimensione del sacrificio, ma ogni fatica è da Lui colmata e con la Grazia le ferite diventano feritoie di speranza. “Quando il Signore ci chiede un sacrificio, ci dà anche la forza per compierlo”. A dirlo è stato il Beato Josef Mayr-Nusser (presidente dell’AC di Bolzano e martire del nazismo).
“Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia.” Recita il Salmo (130/131). E dai bambini impariamo a stupirci delle meraviglie che il Signore ci dona ogni giorno. Come ci ricorda spesso il nostro Arcivescovo, riconosciamo i segni della benevolenza di Dio nella nostra vita.
I bambini ci ricordano che oggi è la giornata per la vita. Che bello l’inizio del messaggio dei Vescovi italiani. Il giovane chiede a Gesù come avere la vita eterna. Ma Lui cambia la prospettiva: non avere, ma entrare nella vita. “La vita non è un oggetto da possedere, ma una promessa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte”. Apriamo le porte alla vita, apriamo le porte dell’AC.
Continuiamo a camminare nella Comunione con Dio, con la Chiesa e con i fratelli.
Curiamo le relazioni tra di noi! È così che riusciremo a prenderci cura della nostra associazione.
Buon lavoro a tutti.
Cristo regni!